sabato 5 febbraio 2011

Nostra patria è il mondo intero


di Massimo Varengo
Autogestione, municipalismo, federalismo, libertarismo, non sono più patrimonio esclusivo di un movimento residuale, ma temi di riflessione per un’azione politica possibile.
È aperta da tempo la ricerca di risposte efficaci alla drammaticità crescente della questione sociale contraddistinta sia da una imponente crisi economica che da una serie di conflitti regionali, etnici, religiosi, in profonda correlazione con l’affermarsi della politica di attacco al livello di vita, di reddito, di salute, delle classi popolari e di ridefinizione del sistema di dominio mondiale. A sinistra alcuni ricercano nelle ricette di un liberalismo umanitario ormai datato qualche possibilità d’uscita, altri studiano di rilanciare il ruolo dello stato nazionale a garanzia di un rinnovato patto tra capitale e lavoro. Ma la centralizzazione dei processi decisionali, la circolazione di masse imponenti di capitali, lo scardinamento delle economie nazionali, la riduzione dei poteri dei singoli stati, la dimensione stessa della crisi finanziaria in atto, non rende credibili queste opzioni. Non a caso è nei contenuti dell’anarchismo maturo che oggi la parte più viva, più critica della società va ricercando, consapevolmente o inconsapevolmente, materiali per costruire il futuro possibile.
Autogestione, municipalismo, federalismo, libertarismo, non sono più patrimonio esclusivo di un movimento residuale, ma temi di riflessione per un’azione politica possibile. E in questo gli anarchici, pur minoritari, dimostrano di essere, a livello internazionale, parte viva di una battaglia culturale, politica e sociale che si misura con i problemi sul tappeto per elaborare soluzioni praticabili in grado di aprire nuovi spazi di libertà e nuovi condizioni di eguaglianza. Segnali importanti di ripresa di attività e di incisività si danno praticamente in ogni parte del mondo, a partire dalle mobilitazioni antiliberiste ed anticapitaliste in occasione dei vertici dei principali leader mondiali fino ad arrivare alle manifestazioni attuali contro l’imperversare degli effetti disastrosi della crisi sui ceti popolari.
Da Seattle ad Atene il filo rosso nero si snoda ininterrottamente, passando per la Russia ove la criminalizzazione e la repressione non impedisce agli anarchici di continuare ad impegnarsi a fondo contro il razzismo ed il nazismo crescenti; per il Messico ove nel Chiapas ed in Oaxaca si stanno sperimentando importanti iniziative di autogoverno popolare e più in generale nell’intera America Latina dove sono sempre più numerose le iniziative sviluppate praticamente in ogni paese, perfino a Cuba ove si registrano segnali importanti di ripresa. E anche in Europa, pur nella complessità e nel frastagliamento del movimento, anarchico ed anarcosindacalista, si sono avute manifestazioni di significativa presenza, sia teorica che pratica, nei movimenti sociali. Altri importanti segnali di sviluppo provengono dalla Turchia, dal Senegal, dal Sudafrica, dall’Indonesia, dalla lotta congiunta israelo-palestinese contro il Muro. I tempi sono ormai maturi per un impegno specifico che, tenendo conto delle ricchezze e delle particolarità di ogni singola realtà, sia in grado di mettere a confronto, nel riconoscimento reciproco, percorsi ed opzioni che hanno radici ed finalità comuni, per una crescita congiunta e collettiva.

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