sabato 5 febbraio 2011

Nostra patria è il mondo intero


di Massimo Varengo
Autogestione, municipalismo, federalismo, libertarismo, non sono più patrimonio esclusivo di un movimento residuale, ma temi di riflessione per un’azione politica possibile.
È aperta da tempo la ricerca di risposte efficaci alla drammaticità crescente della questione sociale contraddistinta sia da una imponente crisi economica che da una serie di conflitti regionali, etnici, religiosi, in profonda correlazione con l’affermarsi della politica di attacco al livello di vita, di reddito, di salute, delle classi popolari e di ridefinizione del sistema di dominio mondiale. A sinistra alcuni ricercano nelle ricette di un liberalismo umanitario ormai datato qualche possibilità d’uscita, altri studiano di rilanciare il ruolo dello stato nazionale a garanzia di un rinnovato patto tra capitale e lavoro. Ma la centralizzazione dei processi decisionali, la circolazione di masse imponenti di capitali, lo scardinamento delle economie nazionali, la riduzione dei poteri dei singoli stati, la dimensione stessa della crisi finanziaria in atto, non rende credibili queste opzioni. Non a caso è nei contenuti dell’anarchismo maturo che oggi la parte più viva, più critica della società va ricercando, consapevolmente o inconsapevolmente, materiali per costruire il futuro possibile.

giovedì 3 febbraio 2011

COMUNICATO DELLA F.A. SULLA SITUAZIONE IN EGITTO E TUNISIA Del 29-1-2011


In Tunisia e dovunque nel mondo
il popolo insorge !
Dalla rivolta alla rivoluzione



Dopo aver cacciato il dittatore ben Alì, il popolo tunisino, ed in particolare la gioventù, continua la sua lotta ed il suo cammino verso la libertà. Una parte della popolazione, in particolare i più poveri, respinge il sistema dei partiti al potere e rifiuta di farsi bloccare in giochi elettoralistici. Continuando la sua lotta, il popolo tunisino può approfittare del suo impulso di libertà per conquistare dei nuovi diritti: ripartizione della ricchezza, sicurezza sociale, affermazione della laicità, libertà politiche. La questione essenziale è di costruire e rafforzare le forme di autorganizzazione e di resistenza sindacale, municipale, nei paesi e nei quartieri.

La lotta del popolo tunisino si è allargata a macchia d’olio in altri paesi arabi (Algeria, Egitto, Yemen, etc.) anche se i contesti non sono gli stessi. Possiamo dire che la rivolta tunisina è iniziata con la rivolta della popolazione del bacino minerario di Gafsa, nel 2008, considerando le poche lotte sindacali negli altri paesi dove i governi hanno avuto cura di eliminare qualsiasi movimento di opposizione. In Tunisia gli appelli allo sciopero generale hanno permesso di dare una assise sociale alla contestazione: alcuni padroni sono stati cacciati, e si sono tenute assemblee. Ne sono scaturite delle forme di auto-organizzazione per garantire la vita quotidiana della popolazione. Sono quelle forme di auto-organizzazione che hanno permesso di resistere alla repressione delle milizie. Globalmente, in vari paesi ed in particolare in Egitto, è una rivolta dei giovani contro il regime e contro l’innalzamento del costo della vita. L’esercito non ha fatto ancora la scelta di abbandonare il governo in carica, almeno di non intervenire. Di conseguenza niente lascia prevedere un esito piuttosto che un altro, anche se temiamo altri bagni di sangue come quelli in corso.

Ciò che giustifica queste rivolte sono le privazioni della libertà, la violenza, la repressione, la dittatura ma ancor più l’innalzamento dei prezzi, le disuguaglianze sociali, la miseria, lo sfruttamento. Possiamo dire che tale situazione è vissuta dalla totalità delle classi popolari del pianeta. La rivoluzione è cominciata in Tunisia. Dove si fermerà? Dobbiamo denunciare le strategie mediatiche e la complicità dei politici per i quali la soluzione non può essere che nella prosecuzione del sistema esistente. Per loro l’assenza di potere è sinonimo di caos. Temono le capacità di auto-rganizzazione dei popoli e le loro capacità di realizzazione. I popoli in rivolta aspirano all’uguaglianza e alla libertà, que non saranno possibili se non nel rifiuto di tutte le forme di sfruttamento e di oppressione, sia economiche, politiche, religiose, sessuali, morali.

E’ tempo di costruire una società libera ed egalitaria, senza farsi scippare la rivolta dai partiti politici o/e religiosi. L’esempio dell’Iran dovrebbe essere ricco di insegnamenti. Allo stesso modo, in Algeria, la popolazione ha dovuto lottare contro la violenza del partito ancora al potere e contro gli islamisti. In Iraq le lotte sindacali e politiche si sviluppano senza farsi arrestare dalla guerra in corso fra imperialismo americano e islamismo politico. Guerra che si fa da sempre a discapito della vita, della libertà dei popoli che opprimono o cercano di opprimere. La speranza  suscitata dalla rivoluzione tunisina offre una terza via per questi paesi e le loro popolazioni: costruire una nuova forma di organizzazione sociale basata sulla libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, ed il rifiuto del sistema di potere e di dominio. In questa lotta, i popoli dei paesi arabi e del mondo troveranno sempre gli anarchici a sostenerli e ad aiutarli.

Spetta a tutti noi di fornire il sostegno necessario a queste lotte, e fare pressione sugli interessi dei governi e dei padroni e di estendere l’ondata della protesta rivoluzionaria.

Federazione anarchica

traduzione a cura della Commissione Relazioni Internazionali FAI